Torino non è solo metropoli industriale: la città sta riscoprendo un lato rurale dimenticato, un patrimonio che riprende vita grazie a iniziative che valorizzano cascine storiche, orti urbani e progetti di agricoltura collettiva. Tra i simboli più emblematici di questa riconnessione tra città e campagna c’è la cascina La Grangia, nei pressi del Giardino Morbillo, uno dei rari testimoni della tradizione agricola torinese. Costruita oltre seicento anni fa, La Grangia è stata recuperata grazie all’intervento di realtà locali che ne hanno ottenuto la gestione per realizzare un orto urbano condiviso, restituendo valore storico e sociale al luogo.
Accanto a questo caso emblematico, nel tessuto urbano si moltiplicano analoghe esperienze diffuse. La Brigata Ortica, nata nel 2019 nel quartiere Aurora, ha trasformato una vecchia area industriale in un orto collettivo di 500 metri quadrati, dove cittadini coltivano insieme e promuovono aggregazione, sensibilizzazione sul cambiamento climatico e gestione partecipata del territorio. Sempre ad Aurora è nato un altro progetto che promuove giardinaggio, vivaismo e agricoltura urbana come strumenti educativi e sociali; tra le attività vi sono orti comunitari, alcuni dei quali all’interno di aree commerciali, poi diventati autogestiti dalla comunità.
Anche le istituzioni accolgono questa nuova tendenza. Il Politecnico di Torino ha partecipato a un progetto europeo che ha coinvolto la città come realtà pilota, generando linee guida e strumenti per accompagnare le amministrazioni nell’integrazione dell’agricoltura urbana nei piani urbani. Torino, proprietaria di numerose cascine e terreni rurali da recuperare, ha iniziato a considerare l’agricoltura non più solo come produzione alimentare, ma come fattore di qualità urbana, difesa del suolo e inclusione sociale.
Un altro progetto significativo è quello della Cascina Falchera: un cascinale settecentesco trasformato in fattoria didattica, oggi sede di un centro per l’educazione all’ambiente e all’agricoltura. Ospita allevamenti, coltivazioni, laboratori di trasformazione alimentare, oltre a spazi polifunzionali, un ristorante e un ostello, diventando un punto di riferimento per educazione ambientale e rurale.
Non meno importante è la riscoperta dell’apicoltura urbana. A Torino risale al 1905 l’esperienza pionieristica condotta da don Giacomo Angeleri, che diffuse tra le classi popolari le prime pratiche moderne di apicoltura. Fu così creato il primo apiario sperimentale cittadino, una vera e propria scuola ambulante di miele davanti a Palazzo Reale. Questa eredità ha lasciato un segno duraturo nelle colline torinesi, che restano un riferimento per l’apicoltura nazionale.
Tutto questo ha portato a una nuova consapevolezza: l’agricoltura urbana non è un fenomeno di nicchia, ma un autentico ponte tra passato e futuro. Da polmone verde, memoria storica e luogo di partecipazione, questi spazi stanno ridefinendo il ruolo del territorio torinese. I progetti sono molteplici: dalle cascine recuperate all’orto condiviso, dalla didattica ambientale all’alveare cittadino, la memoria rurale si integra con la vita urbana, promuovendo sostenibilità, inclusione e coesione sociale. Torino riscopre così la propria dimensione rurale come elemento centrale di un nuovo modello di sviluppo urbano.
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