Medicina, Salute, Benessere

Quasi tutto il Piemonte chiuso per coronavirus fino al 3 aprile: ora cosa succede

Nella notte è arrivato l’annuncio ufficiale. “Il decreto del presidente del Consiglio è stato elaborato nella sua versione definitiva: sono pervenute le osservazioni delle regioni e tra qualche ora sarà pubblicato in Gazzetta ufficiale e sarà vigente”. Così il premier Giuseppe Conte ha annunciato la messa a punto del nuovo decreto per contenere l’epidemia di nuovo coronavirus.

Dopo la conferenza stampa, attorno alle 3 e 30 del mattino, il presidente del Consiglio ha firmato il Dpcm. Il testo identifica alcune aree del Centro-Nord: l’intera Lombardia e poi le province di Parma, Piacenza, Rimini, Reggio-Emilia, Modena, Pesaro e Urbino, Venezia, Padova, Treviso, Alessandria, Verbano-Cusio-Ossola, Novara, Vercelli e Asti. Qui vengono imposte limitazioni stringenti. Inoltre introduce alcune restrizioni a carattere preventivo anche sul resto del territorio nazionale. Le disposizioni sono valide da oggi, 8 marzo, al 3 aprile 2020, “salvo diverse disposizioni”.

Vengono meno le “zone rosse” che erano state stabilite all’inizio dell’epidemia. “Non c’è più motivo di tenere confinate le persone di Vo’ e del lodigiano”. Già sabato sera erano state diffuse delle bozze del decreto. Conte ha definito la loro divulgazione “inaccettabile”. Il testo definitivo presenta alcune differenze rispetto alle bozze, in particolare per quanto riguarda le province coinvolte, ma il provvedimento sembra rimasto inalterato.

Nelle zone del Centro-Nord identificate dal decreto sarà istituito “un vincolo a limitare gli spostamenti nel territorio”. Si potrà entrare e uscire, ha detto il presidente del Consiglio, solo “per comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità e di emergenza”. Sarà consentito – precisa il premier – “il rientro presso la propria residenza o domicilio per chi ne avesse esigenza”. Il premier ha rimarcato. “Non c’è divieto assoluto ma necessità di motivarlo, quindi una ridotta mobilità. Non si ferma tutto, ma entrare nella logica che ci sono delle regole da rispettare”. Quanto alle modalità attraverso cui la misura sarà messa in atto, sempre rispondendo alle domande Conte ha spiegato che “le forze di polizia saranno legittimate a chiedere conto” ai cittadini dei loro spostamenti.

In Lombardia e nelle 14 province del Centro-Nord identificate nel Dpcm, ha detto Conte, “non possiamo più permetterci aggregazioni di persone”. Pertanto in queste aree saranno chiuse scuole e università (tranne quelle telematiche), sospese cerimonie civili e religiose, chiusi pub, discoteche e altri luoghi di divertimento, palestre e piscine, ma anche musei e luoghi di cultura. Bar e ristoranti possono restare aperti, ma solo dalle 6 alle 18 e solo se possono garantire che tra un avventore e l’altro ci sia una distanza di sicurezza di almeno un metro.

Misure restrittive anche nel resto dell’Italia

Il Presidente del Consiglio ha annunciato anche la chiusura dei musei e la sospensione di “manifestazioni, spettacoli di qualsiasi natura, compresi quelli cinematografici e teatrali” in tutto il Paese. Chiusi inoltre discoteche, pub, scuole di ballo e sale scommesse. Bar e ristoranti di al di fuori delle aree del Centro-Nord possono restare aperti normalmente, ma sono chiamati a garantire il rispetto della distanza di sicurezza tra gli avventori. Sospesi inoltre eventi sportivi e gare. I luoghi di culto possono restare aperti, purché possano garantire la sicurezza dei fedeli evitando assembramenti.

Grazie ad “un vincolo obbligatorio di solidarietà interregionale” predisposto dal governo, le regioni potranno, in caso di necessità, redistribuire i pazienti. Annunciati anche sforzi per incrementare la produzione nazionale di dispositivi di protezione individuale e di apparecchiature per terapia intensiva e sub intensiva. Gli obiettivi delle misure, precisa il presidente del Consiglio, sono due: contenere la diffusione del contagio e agire per evitare il sovraccarico delle strutture ospedaliere. “Non possiamo scegliere di dedicarci solo al contrasto del contagio, servono entrambe le cose”, ha spiegato Conte. “Queste misure provocheranno disagio e imporranno dei sacrifici. Ma questo è il momento dell’auto-responsabilità, non della furbizia. Dobbiamo tutelare la nostra salute e quella dei nostri cari, dei nostri genitori, ma soprattutto la salute dei nostri nonni. Perché abbiamo scoperto che sono soprattutto loro, le persone più anziane, che sono esposte alle insidie di questo virus”.

La grande corsa al Sud

La bozza del decreto legge, che istituisce la “zona rossa” in Lombardia, ha provocato un vero assalto ai treni della notte alla Stazione Centrale e alla stazione Garibaldi di Milano. Con oltre 500 persone, tra i due scali milanesi, che hanno cercato di salire sugli ultimi convogli in partenza verso sud. Dopo le 10, in circa 400 si sono riversati nella stazione di Porta Garibaldi per tentare di prendere l’Eurocity night per Salerno. Quasi tutti sono riusciti a salire a bordo e il convoglio è partito con qualche minuto di ritardo. Almeno 150 erano invece le persone che hanno affollato le biglietterie e poi i vagoni dei treni verso il Sud in Centrale, per raggiungere le regioni d’origine prima dell’entrata in vigore del decreto legge del Governo, che comunque non avverrà prima di domani.

Nei due scali è intervenuto il personale della polizia ferroviaria che ha cercato di sedare qualche piccolo momento di tensione. Arrivano notizie di molti residenti al Sud, temporaneamente a Milano, che (saputo del rischio di rimanere bloccati a lungo in Lombardia) hanno deciso di lasciare in auto il capoluogo lombardo. Arrivano anche notizie di famiglie in questo momento divise tra il capoluogo lombardo e le località di villeggiatura in Liguria o in Valle d’Aosta, con persone che si mettono in viaggio per raggiungere il resto dei congiunti e riportarli a Milano, prima che la Lombardia diventi effettivamente “zona rossa”.

Antonio Nesci

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