Addio al Re degli spumanti: Vallarino Gancia morto a 90 anni

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È torno alla casa del Padre a 90 anni l’imprenditore vitivinicolo Vittorio Vallarino Gancia, per anni alla guida dell’omonima azienda di spumanti di Canelli (Asti). L’imprenditore piemontese è venuto a mancare sabato notte, 12 novembre, nella sua casa di Asti con accanto la moglie Rosalba. Nella sua lunga vita, ha ricoperto incarichi importanti diventando presidente del Consorzio di Asti e della Federvini. Nel 1994 l’allora Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, lo nominò Cavaliere del Lavoro.

Nato a Canelli, il 28 ottobre del 1932, Vallarino Gancia dimostrò sin da giovane di avere uno spiccato talento imprenditoriale. Il suo impegno all’interno dell’azienda fondata dal bisnonno, Carlo Gancia, è iniziato nel 1957, con un primo incarico all’ufficio esportazione, dopo avere conseguito la laurea in scienze politiche all’università di Torino. Nel 1967 è stato nominato direttore generale della F.lli Gancia & C. mentre nel 1973 è arrivato a ricoprire la carica di amministratore delegato e, nel 1984, di presidente.

Nella sua lunga carriera ha ricoperto incarichi importanti diventando presidente dell’Ospedale di Canelli dal 1967 al 1970 e della Camera di Commercio di Asti dal 1984 al 1991. Ha guidato l’Unione industriale di Asti e il Consorzio dell’Asti dal 1992 al 1994. Tra il 1990 e il 1993 è stato presidente della Federvini e dell’Unione italiana vini dal 1999 al 2001, membro del comitato nazionale per le denominazioni di origine dei vini. Commendatore dal 1974, grand’ufficiale nell’82. Ha due figli, Massimiliano e Lamberto, entrambi dirigenti nell’attività di famiglia.

Vallarino Gancia fu vittima di un sequestro da parte delle Brigate Rosse che costò la vita l’appuntato dell’Arma dei Carabinieri Giovanni D’Alfonso. Il rapimento-lampo, durato 24 ore, si consumò il 4 giugno del 1975. I sequestratori reclusero l’imprenditore nella Cascina Spiotta, un casolare di Arzello, chiedendo un riscatto di un miliardo di lire alla famiglia. Gancia fu liberato il giorno dopo ma il sequestro sfociò in un sanguinario conflitto a fuoco tra brigatisti e forze dell’Ordine. Nella sparatoria fu uccisa anche la terrorista Margherita Cagol, capo del nucleo brigatista e moglie di Renato Curcio. Due Carabinieri rimasero gravemente feriti e il tenente Umberto Rocca perse un braccio e un occhio. Il drammatico accadimento ebbe forti ripercussioni sociali esacerbando le violenze da parte dei gruppi di Brigatisti negli Anni di Piombo.