Peste suina: la Regione sostiene gli allevamenti piemontesi

Cinghiali

La seduta del Consiglio regionale sulla Peste suina africana ha visto la Regione confermare l’impegno di garantire gli allevamenti e sostenere un comparto fondamentale per l’economia del Piemonte. “Il rischio di un passaggio della Peste suina dalla fauna selvatica agli allevamenti sarebbe un danno che, unendosi alle altre emergenze che stiamo vivendo, provocherebbe un colpo spaventoso all’economia del Piemonte”, ha dichiarato il presidente Alberto Cirio, che ha proseguito ricordando che “ci stiamo muovendo nel rispetto delle indicazioni tecniche che arrivano dall’Europa e che sono tarate sull’esperienza di altri Paesi che hanno contenuto o risolto il problema con le reti, che sembrano essere l’unico strumento reale per proteggere dalla diffusione del virus. Dobbiamo garantire l’interesse economico di un comparto fondamentale della nostra economia, ma anche affrontare in modo diverso il tema della fauna selvatica, problema non più solo agricolo per quanto grave per i danni che provoca, ma anche di sicurezza pubblica. Ma fare di più non è possibile se non cambiano le norme nazionali sui limiti agli abbattimenti straordinari, talmente vincolati da risultare inefficaci. Non stiamo parlando di caccia ma di ordine pubblico, eppure senza leggi chiare che permettano interventi chiari il problema non lo risolveremo mai. La fauna selvatica, dice la legge, è patrimonio indisponibile dello Stato: così stando le cose è lo Stato che deve intervenire, perché noi siamo giuridicamente con le mani legate. Come Conferenza delle Regioni abbiamo chiesto a gran voce al Governo una presa di posizione e ringrazio per la sua presenza qui oggi il sottosegretario alla Salute Costa”.

Ad aprire la seduta era stato il vicepresidente Fabio Carosso, delegato al coordinamento della gestione della Psa. Dopo aver ripercorso tutte le misure finora assunte per risolvere il problema, ha affermato che “ad oggi, la situazione dell’infezione presenta un’espansione contenuta grazie alla pre-esistente barriera costituita dalla rete autostradale A26-A7 e alle tempestive misure di contenimento adottate, ma non possiamo tuttavia permetterci di allentare la guardia” ed ha anticipato che “a giorni verrà varato il piano definitivo di interventi urgenti per il depopolamento e l’eradicazione della malattia che, in combinazione con l’innalzamento delle barriere, speriamo possa dare in breve tempo risultati tangibili. Dobbiamo essere chiari: è in gioco – ha concluso Carosso – la sopravvivenza di un comparto strategico dell’economia piemontese e nazionale, che vale l’1,5 del Pil e che solo per l’esportazione ammonta a 1,7 miliardi di euro. Abbiamo il dovere di fare quanto è possibile sulla base delle indicazioni e delle esperienze maturate in altri Paesi”.

L’assessore all’Agricoltura, Caccia e Pesca Marco Protopapa ha sostenuto che “ciò che è accaduto non è solo per un problema di trasmissione tramite animali, in quanto è una malattia che vede anche l’intervento del fattore umano, che è intervenuto mandando in circolo alimenti infetti provenienti da luoghi infetti. Il problema è accertato ma non è facile da gestire in presenza di leggi obsolete nel campo della biosicurezza. Infatti, quando un allevamento è messo in sicurezza, basta il ritrovamento di una carcassa infetta nei pressi per far scattare l’abbattimento di tutti gli animali sani. Si poteva intervenire con la caccia programmata, che porta risultati, ma si è dovuto interrompere per decisione delle circolari ministeriali. Il fatto che alcune Province abbiano a disposizione guardie venatorie e altre no crea difficoltà per le azioni di contenimento. Per questo motivo auspico che il 25 luglio si possa arrivare ad una risoluzione che dia un segnale di cambiamento”.

L’assessore alla Sanità Luigi Genesio Icardi ha definito la situazione sanitaria “sotto controllo” ed ha affermato che “per contenere l’epidemia, che non ha alcun impatto sulla salute pubblica ma ha ricadute sull’economia e sull’immagine del Piemonte, come Assessorato alla Sanità abbiamo posto in essere tutte le azioni possibili. Uno dei primi e più importanti interventi è stato abbattere tutti i 7.000 suini presenti nella zona infetta, per evitare che il contagio potesse passare dai cinghiali ai suini. Sempre in linea con le indicazioni nazionali e internazionali, siamo intervenuti sulla biosicurezza degli allevamenti, predisponendo nuove misure e incrementando i controlli dei servizi veterinari delle Asl, abbiamo predisposto protocolli operativi per permettere alle attività di carattere turistico e ricettivo, ed altre, di poter continuare a lavorare nel rispetto delle misure di biosicurezza e contenimento dell’epidemia”.