Straordinario intervento eseguito dai professori Michele Reibaldi e Vincenzo Sarnicola: il paziente cieco riacquista la vista

occhi Foto di Anja da Pixabay

Un intervento straordinario, un successo unico al mondo. Da due occhi non vedenti è stato possibile ricostruire un occhio vedente, con un autotrapianto di cornea allargato a sclera e congiuntiva. Lo straordinario intervento è stato eseguito su un paziente cieco, per la prima volta al mondo, all’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino dal professor Michele Reibaldi (Direttore della Clinica Oculistica universitaria Molinette) e dal professor Vincenzo Sarnicola, tra i maggiori esperti al mondo di chirurgia corneale. Il paziente è un uomo di 83 anni residente in provincia di Torino, affetto da due gravi e diverse patologie della vista, che l’avevano portato alla cecità da 6 anni, dopo essere riuscito a recuperare la vista all’occhio destro che, già a due settimane dall’intervento (durato 4 ore), gli permette di riconoscere gli oggetti, i volti e di muoversi autonomamente.

Ad operarlo lo staff costituito dal professor Michele Reibaldi (Direttore della Clinica Oculistica universitaria dell’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino), ed esperto chirurgo retinico, e dal professor Vincenzo Sarnicola (Presidente della Società Italiana della Cornea e della Staminalità della Superficie Oculare (SICSSO) e consigliere del direttivo della Società Italiana di Scienze Oftalmologiche (S.I.S.O.), coadiuvato dalla sua collaboratrice Enrica Sarnicola.

Il paziente aveva perso da 30 anni la vista all’occhio sinistro per una cecità retinica irreversibile e, negli ultimi 10 anni, aveva progressivamente perso la funzione visiva anche dell’occhio destro ma per una patologia cronica rara (pseudo pemfigoide oculare), che ha distrutto la cornea e anche la superficie oculare. Negli ultimi anni l’occhio destro era stato sottoposto a due trapianti di cornea tradizionali a tutto spessore, entrambi falliti rapidamente per la mancata funzionalità della superficie oculare.

Il trapianto di cornea a tutto spessore è l’intervento chirurgico tramite cui si provvede alla sostituzione della sola cornea che ha perso la sua trasparenza con una cornea sana proveniente da un donatore deceduto. “Normalmente la cornea presenta un tasso di rigetto molto più basso rispetto ad altri organi vascolarizzati, ma in presenza di un’alterazione diffusa di tutta la superficie oculare, come nel caso del paziente, questo rischio diventa altissimo” spiega a Repubblica il professore Sarnicola. “In particolare, un danneggiamento delle cellule staminali del limbus, la zona tra la cornea e la congiuntiva, determina il fallimento irreversibile del trapianto“.

In questo intervento è stato realizzato un autotrapianto dell’intera superficie oculare, prelevata dall’occhio sinistro, comprendente non solo la cornea, ma anche una parte di sclera e tutta la congiuntiva comprese le cellule staminali del limbus. “Il paziente per problemi retinici aveva irrimediabilmente perso la funzionalità dell’occhio sinistro, mentre l’occhio destro aveva mantenuto una potenzialità di recupero che però si era rivelata vana con trapianti tradizionali ” spiega al quotidiano Reibaldi. “Abbiamo deciso di coinvolgere il professor Sarnicola perché notissimo nel mondo per aver proposto e realizzato tecniche alternative ai trapianti perforanti tradizionali“. “L’intervento è stato eseguito prelevando dall’occhio sinistro, irrecuperabile dal punto di vista funzionale, ma con la cornea e la superficie oculare in buona salute, tutta la congiuntiva, tutta la cornea e due millimetri di sclera, in un unico pezzo. Un terzo dell’occhio sinistro è stato autotrapiantato nell’occhio destro, che quindi è stato ricostruito ed è tornato a vedere“. “L’occhio sinistro è stato ricostruito con tessuti da donatore solo a scopo estetico“.

L’intervento è stato straordinario ed il paziente, oggi dopo due settimane ha ripreso a vedere e si muove autonomamente. Siamo molto emozionati e ci aspettiamo un successo duraturo nell’occhio destro, perché ricostruito con tessuti propri del paziente e quindi potenzialmente al riparo dai problemi di rigetto che hanno afflitto i precedenti trapianti“, concludono Reibaldi e Sarnicola. L’intervento potrà essere replicabile in altri casi nelle stesse condizioni del primo paziente operato.