Un Polo del ’900 per il sociale a Torino
Un “segno fisico”, uno luogo dedicato a chi opera a Torino nel sociale, sul modello del Polo del ’900, per fare un archivio comune, non solo per conservare documenti, ma anche come spazio di formazione, aggregazione e per fare rete. È quanto chiede una mozione proposta da Eleonora Artesio (Torino in Comune), presentata nella seduta delle Commissioni Quarta, Prima e Quinta, presieduta da Fabio Versaci.
È un modo per riconoscere una caratteristica, storica, ma ancora attuale, di Torino – ha spiegato Artesio – che la rende antesignana nelle politiche sociali e nelle relazioni di aiuto, nella tutela della salute, nel sostegno a indigenti e minori e nella promozione della dignità umana. C’è un tessuto ricco e una storia in costante evoluzione – ha aggiunto – che ha attraversato i cambiamenti produttivi e sociali della città e che ha riguardato anche i diritti alla casa e alla scuola e il contrasto alle tossicodipendenze.
Torino è diventata una città capitale del sociale, che si dovrebbe riconoscere e sostenere – ha affermato Artesio – anche nell’ambito della candidatura a Torino capitale europea della cultura 2033. Ha quindi preso la parola don Luigi Ciotti, invitato in audizione in Commissione. Sono orgoglioso di essere cresciuto a Torino – ha esordito – città che meriterebbe di essere riconosciuta capitale del sociale. Qui è nata la prima cooperativa italiana – ha detto – e sono nate le prime comunità, anche per quanto riguarda la giustizia minorile. Sono sorti i Sert e i servizi a contrasto delle tossicodipendenze e il coordinamento delle comunità di accoglienza e, più recentemente, Libera. Ci sono stati i Santi “sociali”, ma anche un ricco patrimonio “laico”.
Per dare continuità a questo impegno, sarebbe utile individuare un luogo in cui riunire tutte queste esperienze – ha concluso don Ciotti. La cultura è sempre determinante nell’innovazione e nel cambiamento, anche sociale – ha dichiarato Massimo Giovara (M5S), ribadendo la propria disponibilità a condividere politiche a medio e lungo termine, a cominciare dalla candidatura a capitale europea della cultura.
Elide Tisi (PD) ha sottolineato la capacità di innovare del terzo settore torinese e delle istituzioni di accogliere le innovazioni: Torino è stata la prima città ad aprire un Ufficio stranieri e nomadi, ad esempio. Ha poi ricordato le positive esperienze dei murialdini e del Sermig, della chiusura degli ospedali psichiatrici, dell’inserimento lavorativo e delle ex Ipab. Torino – ha affermato – è in grado di esportare buone pratiche, anche pubbliche, che favoriscono la sussidiarietà e ha un patrimonio che va valorizzato per continuare a servire gli ultimi e contrastare le disuguaglianze.
Anche Viviana Ferrero (M5S) ha ribadito che la storia sociale di Torino ha bisogno di una casa, di essere documentata e ha suggerito di coinvolgere la cittadinanza nella scelta del luogo. La vocazione del fare e la promozione dell’educazione – ha detto Lorenza Patriarca (PD) – sono tradizioni torinesi da mantenere, soprattutto in questo periodo. Il patrimonio di politiche di inclusione e integrazione di Torino va salvaguardato, secondo Francesco Tresso (Lista Civica per Torino), anche per innovare e coordinare gli interventi, così da avere un impatto maggiore.
In conclusione di dibattito, la consigliera Artesio ha proposto di cominciare a raccogliere adesioni e indicazioni operative da parte degli enti, programmando una serie di incontri con le consigliere e i consiglieri anche al di fuori delle sedute di Commissione. Proposta accolta favorevolmente dal presidente Versaci. Per le possibili audizioni – ha aggiunto l’assessora al Welfare Sonia Schellino – sarebbe utile fare riferimento al Piano di inclusione sociale della città.